Proiettore DLP 4K HDR Laser Optoma UHZ65 – La prova

Introduzione

Proiettore DLP 4K HDR Laser Optoma UHZ65 – La prova
Benvenuti, o ben trovato a chi già mi conosce o si ricorda delle mie recensioni su Tech4u e su altri siti o riviste! Complice una terapia sperimentale per la cura della leucemia che sto facendo a Perugia (ragazzi, di queste parole terribili oggi, grazie a Dio, non è detto si muoia sempre, tant’è che sto scrivendo questo articolo! 🙂 ), ho approfittato della solita gentilezza di Simone Berti di Home Cinema Solution (distributore esclusivo per l'Italia di questo proiettore Optoma) per sottrargli uno degli oggetti più chiacchierati di questo periodo, ossia questo Optoma UHZ65. Perché chiacchierato? Perché l’arrivo sul mercato…

In breve

Prestazioni SDR - 75%
Prestazioni HDR - 85%
Dotazione e Menu - 55%
Qualità / Prezzo - 75%
73

73%

Cinema in casa 4K HDR Laser

Conclusione : Un videoproiettore 4K Laser molto luminoso. La modulazione Dynamic Black aumenta il contrasto, ma appare ancora migliorabile. Di impatto le immagini in HDR!

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Benvenuti, o ben trovato a chi già mi conosce o si ricorda delle mie recensioni su Tech4u e su altri siti o riviste! Complice una terapia sperimentale per la cura della leucemia che sto facendo a Perugia (ragazzi, di queste parole terribili oggi, grazie a Dio, non è detto si muoia sempre, tant’è che sto scrivendo questo articolo! 🙂 ), ho approfittato della solita gentilezza di Simone Berti di Home Cinema Solution (distributore esclusivo per l’Italia di questo proiettore Optoma) per sottrargli uno degli oggetti più chiacchierati di questo periodo, ossia questo Optoma UHZ65.

Perché chiacchierato? Perché l’arrivo sul mercato di questo DLP, insieme a BenQ W1700 (altra fascia di prezzo) e Vivitek, rappresenta il tentativo di re-ingresso di una tecnologia che per anni è stata il non plus ultra nel campo Home Theater, prima di

venire praticamente soppiantata da D-ILA, SXRD ed LCD vari. Texas Instruments, alias TI come sapete, ha fatto una mossa analoga ai suoi concorrenti (tranne Sony) nel senso che non ha dotato questa linea di proiettori per il cinema in casa di una matrice realmente 4K, ma si è affidata ad un chip DMD da 0.66” che non è un Ultra HD nativo, ma sfrutta anch’esso un “trucchetto” per arrivare alla risoluzione massima di oggi. Lo fa però con un vantaggio innato: a differenza dei suoi concorrenti, che devono far convergere 3 pannelli RGB per avere un’immagine a colori, TI usa la sempiterna ruota colore, che parte però da una matrice sola. Questo è la gioia degli innamorati dell’immagine iper-dettagliata, orfani da anni di questa caratteristica che è sempre stata riconosciuta al DLP: proprio per costruzione intrinseca, dunque. Solo che è altrettanto vero che da anni i proiettori con questa tecnologia non riescono a stare al passo con chi (soprattutto JVC con il suo D-ILA) è riuscito a produrre pannelli dove il nero è realmente nero (non assoluto, ma una sua ottima interpretazione), anche senza l’aiuto di iris dinamici.

La domanda quindi è arrivata immediata: ma questa macchina sarà in grado di proporsi come una reale alternativa alla produzione concorrente, e rappresenta davvero un nuovo roboante ingresso nel nostro mondo? Per chi non ha avuto modo di vederla direttamente, non rimane altro che leggere.

Pannello TI DLP DMD 0.66”, tilt 17°
Risoluzione 2716 x 1528 pixel (senza attuatore)
Lampada / Durata Laser + fosfori / 20.000 h
Luminosità 3000 Lumens
Contrasto 2.000.000:1
Obiettivo 1.39:1 – 2.22:1
Ingressi 1x HDMI 2.0, 1x HDMI 1.4a + MHL, VGA, Audio In / Out (mini-jack), SP-DIF, USB, Trigger 12V
3D / HDR Sì / HDR10
Rumorosità  29dB
Dimensioni 498 x 331 x 141mm
Peso 9,5 kg
Manuale Optoma UHZ65 Italiano
Prezzo 4.990 Euro
Distributore: Home Cinema Solution – Via Quintina, 59 – 06135 Ponte San Giovanni (PG) – Tel. +39 075 5996626

Per maggiori informazioni: www.optoma.itwww.optoma.it/product-details/uhz65

L’Optoma UHZ65  è un videoproiettore DLP Laser (la sorgente che sostituisce la tradizionale lampada e che garantisce praticamente… vita eterna, dato che dopo 20.000 ore vi sarete ampiamente stufati e cambierete prima lui della ex-lampada!), compatibile HDR in standard HDR10 (niente Dolby Vision, come qualsiasi altro proiettore oggi sul mercato), 80% della copertura dello spazio colore DCI-P3, elaborazione Puremotion per chi (come me) non sopporta i microscatti del 24p, 3.000 lumen ed un contrasto di 2.000.000:1 (dati dichiarati, eh!), lens-shift manuale di 15°, throw-ratio 1.39-2.22:1 e zoom 1.6x a comando manuale (questo significa “state attenti all’installazione perché potrebbero esserci dei problemi”), un ingresso HDMI 1.4 ed uno 2.0 (dove visionerete i contenuti HDR, attenzione a non sbagliare!) ed un ingresso VGA (mah…).

Sono poi presenti ingressi audio mini-jack 3.5mm e 1 x USB-A (service), uscite 1 x audio mini-jack 3.5mm, 1 x digitale S/PDIF, 1 x USB-A potenza 1.5A, 1 x 12V trigger, controllo 1 x RS232, 1 x RJ45 , 29 dB di rumorosità, 2 altoparlanti da 4W ognuno (devo dire che li ho usati e si sentono decentemente in situazioni di emergenza), telecomando (più o meno sempre lo stesso da anni: in Optoma potevano facilmente fare meglio perché questo, ancorché retroilluminato, sembra quello di uno switch, più che di un proiettore) e 9.5 kg di peso, dimensioni 498 x 331 x 141 mm, per un consumo massimo di 305 W.

Detto che sull’estetica, francamente, non ho intenzione di esprimere alcun parere perché si tratta di fatto eminentemente soggettivo, vi posso dire che la costruzione di questo proiettore certo non mi ricorda le unità professionali o high-end: si tratta di plastica in larga parte, con un lens-shift che, come vi ho anticipato, non serve a molto. Nel mio soggiorno, come potete vedere dalle foto sotto, pur avendo un ascensore a tre ripiani, non è stato possibile fare altro che sistemarlo su una colonna porta-CD.

Capisco che la modifica che mi ha mostrato Simone Berti possa essere considerata una mano santa per molti, dato che sblocca una vite che tiene ferma la discesa dell’ottica, permettendo una maggiore escursione della stessa. Per molti, forse l’unico modo per poter installare questo DLP.

Fate dunque molta attenzione alle quote di posizionamento: per fare un esempio, uno schermo che sul manuale viene definito di 2.66 metri (non una misura molto comune, per la verità…) richiede un posizionamento tra 3.69 e 5.9 metri dallo stesso, con un offset da 0 a 22 cm, come si vede dalla figura. Attenzione, dunque!

Perché questa macchina ha fatto tanto rumore? Beh, semplice, l’abbiamo detto: perché segna l’ingresso della nuova matrice 4K di Texas, inserita su un proiettore che impiega il laser come sorgente. Quindi siamo in presenza di una matrice 3840 x 2160 con un laser, esattamente come il JVC DLA-Z1, di cui questo Optoma diventa diretto concorrente, ovvero abbiamo un match D-ILA vs. DLP? Ma come mai uno costa 35.000 Euro e l’altro solo 5.000 Euro (l’Optoma) se sono praticamente uguali? Calma, calma, non corriamo… La matrice che si trova su questo DLP è costituita da 2716 x 1528 DMD, che “vobulano” (termine orrendo che non fa capire un accidente di cosa si tratti – anzi, sembra una maliziosa allusione a pixel che facciano ben altro –  ma che fa molto tecnologico per cui tutti lo impiegano senza addentrarsi nel minimo dettaglio). Sono andato a cercare una spiegazione che potesse introdurre un concetto in italiano senza farlo sembrare ostrogoto: ho la sensazione che a nessuno sia noto quanto fa Texas e che quasi tutti facciano finta di capire, ma che in realtà quello che avviene non sia chiaro per nulla.

L’unica cosa sulla quale tutti sono accordo è la velocità alla quale avvengono le operazioni di questo DMD: la frequenza operativa è di 120 Hz (da non confondere con la cadenza di visualizzazione: a quello ci pensa l’ASIC di controllo), il che permette di presentare due frames diversi ogni 1/120 di secondo, ossia un frame completo ogni sessantesimo di secondo, riuscendo quindi a pilotare display a risoluzione UHD @ 60 Hz, per usare una simbologia nota. Il DMD di cui stiamo parlando si chiama DLP660TE 0.66 4K UHD, e le specifiche le trovate sul sito della Texas. Non vi traduco, per lasciare proprio la parola alla casa madre, come viene descritto:

– 0.66-inch diagonal micromirror array

– Displays 4K Ultra High Definition (UHD) 3840 x 2160 pixels on the screen

– 5.4 micron micromirror pitch

– ±17° micromirror tilt (relative to flat surface)

– Bottom illumination

Attenzione al fatto che TI dice che “presenta 3840 x 2160 pixel sullo schermo”, non che li abbia realmente. Questa è una sottigliezza non da poco, perché per capire ci vuole un po’ di analisi.

Cerchiamo di leggere prima cosa dice (poco, in realtà) il costruttore. Ho trovato questa sorta di spiegazione sul forum della Texas, dove la persona che scrive (stavolta traduco) si chiama Anshul Jain e dice più o meno questo:

2716 x 1528 DMD con un attuatore ottico a due posizioni realizzano 8.3 milioni di pixels (2716 x 1528 x 2 = 8.300.096), che pareggia lo standard richiesto per classificare I display 4K (8.3 Mpixel, appunto) secondo la Consumer Technology Association (CTA). La risoluzione del DMD è di 2716 x 1528 e due frame da 2716 x 1528 l’uno vengono proiettati in sequenza due volte all’interno di un singolo frame di ingresso, ossia se l’ingresso è a 60 Hz, vengono riprodotti 2 frame da 2716 x 1528 a 120 Hz. Vengono riprodotti sequenzialmente a due volte la frequenza di ingresso due pixel distinti ed unici nel dominio del tempo. Il chip TI prende la sorgente di ingresso 4K (3840 x 2160) e la processa attraverso gli algoritmi video per creare due frame da 2716 x 1528. Questi due frame vengono mostrati in sequenza temporale in un frame singolo, e le posizioni dei pixel si sovrappongono tra i due frame, e questo effetto di sovrapposizione è mitigato dalla velocità del DLP. La differenza con JVC sta nel fatto che questi usano 1920 x 1080 x 2 posizioni, ossia 4.15 Mpixel, mentre DLP usa 2716 x 1528 x 2 posizioni, quindi 8.3 Mpixel effettivi. I procedimenti sono quindi simili, sono che è la quantità di pixel impiegata a fare la differenza in senso numerico”.

Avete capito? Io onestamente non molto. Ad aumentare la confusione si inserisce un altro esponente Texas, che chiosa: “Our implementation lifts from the well established field of Super-resolution Imaging and other proprietary algorithms to move past the limitations of the DMD resolution”.

Quello che ho capito di sicuro è che nessuno in TI dice che la matrice E’ di 3840 x 2160 pixel, ma solo che IL NUMERO COMPLESSIVO dei pixel uguaglia gli 8.3 milioni necessari per parlare di UHD e per poter processare, attenzione, un SEGNALE DI INGRESSO 3840 x 2160 sulla matrice TI (che, ancora una volta, è di 2716 x 1528 pixel). E quindi come fanno? Come dice Nicola D’Agostino, ci sono due “correnti di pensiero”, una che dice che ogni singolo pixel venga spostato in orizzontale, un’altra in diagonale.

Partiamo dalla prima ipotesi: se i pixel vengono spostati LATERALMENTE, si ottiene una matrice da 5432 x 1528: guardate che se li moltiplicate ottenete sempre 8.300.096 pixel, come nel conto che abbiamo letto prima e non ci sono “buchi” di pixel. Lo stesso conto con una matrice UHD fa 3840 x 2160 = 8.294.000, quindi è rispettato il valore complessivo. Ma manca la risoluzione orizzontale, che è scesa da 2160 a 1528…Quindi lo spostamento dovrebbe condurre ad una situazione come questa, in cui l’attuatore sposta il blocco dei pixel verso destra.

Dalla figura non si capisce benissimo, ma dovrebbe risultare abbastanza chiaro che se “sposto” lateralmente la stessa matrice di una posizione, ottengo, sempre in 1/60 di secondo, una immagine complessiva che è composta da 5432 x 1528 pixel, ossia con un eccesso di risoluzione verticale (5432 > 3840) ed una mancanza della orizzontale (1528 < 2160). In altri termini, dopo anni, siamo tornati alla generazione di un quadro tramite due semiquadri interlacciati, ossia… abbiamo reinventato il CRT! Ho parlato con Emidio Frattaroli (direttore di AVMagazine.it), che ha avuto in prova il BenQ W11000 nel quale è possibile “spegnere” il meccanismo di vobulazione per vedere come sia fatto il chip. Bene, Emidio è certo che si tratti del chip di ultima generazione, ossia messo nella naturale disposizione orizzontale. Dato che ne è certo, non ho motivi per dubitarne, ma i dubbi, come vi dirò a breve, mi sono rimasti.

Disposizione DMD Full HD convenzionale

A questo punto la domanda è lecita: ma perché alla Texas avrebbero pensato ad un numero così balzano (2716 x 1528), ed a cosa serve, se mi risulta inutile in una direzione e mancante nell’altra?

Vediamo invece cosa accadrebbe se la corrente di pensiero corretta fosse la seconda. Il singolo elemento viene dunque spostato di un pixel e mezzo di qua e di là, dove il “qua” e “là” significa in diagonale. Tutto ciò avviene in due passaggi da 1/120 di secondo l’uno (e va bene), durante i quali viene proiettata la prima immagine da 4 Mpixel (2716 x 1576 = 4.150.048) e quindi la seconda, sempre da 4 Mpixel; a questo punto un attuatore ottico la sposta in diagonale, ed in questo modo, in due passaggi da 1/120 di secondo si ottiene un’immagine da 8 Mpixel in 1/60 di secondo, ossia la famosa frequenza di 60 Hz (= 60 fotogrammi al secondo).

Ma perché fare questo, e soprattutto, perché questi numeri? Mi è venuto in aiuto un vecchio documento del 2007 della Texas intitolato The SmoothPicture Algorithm: An Overview” , di David C. Hutchison, Texas Instruments – DLP TV. All’epoca si trattava di passare dai chip 1280 x 720, che erano disposti come abbiamo visto nella figura precedente, ad una risoluzione superiore (1920 x 1080), contenendo però i costi. Problema che anche oggi non appare diverso. Cosa fece allora TI? Ruotò di 45° il DMD, realizzando la disposizione “diamond” (shape, layout o display, come preferite, oppure “a losanga” come preferisce dire Gian Luca, visto che siamo in Italia). Che sarebbe questa (e non fate caso ai numeri dei pixel, perché, per brevità, le figure sono prese dal documento Texas citato):

Disposizione DMD a “losanga”

Ora, la domanda è questa, ossia quella di prima: ma perché alla TI è venuto in mente di usare queste quantità? Qui scatta l’illuminazione delle 3 di notte (o sarà una frontata? 🙂 ), precisamente alle 3:21, orario della mia email a Gian Luca e a Nicola. Potrebbe non avere senso sulla base delle indicazioni di Emidio, o magari potrebbe essere usata da Texas in futuro… chi lo sa?

Consideriamo ovviamente la dimensione di un DMD come un numero puro, ossia adimensionale e pertanto pari ad 1, osserviamo questo semplice fatto. Se metto i DMD nella disposizione tradizionale, la loro lunghezza e larghezza sono, appunto, unitarie e pari ad 1 (ovviamente per il numero dei pixel, che siano 1920 x 1080 o 3840 x 2160 non fa alcuna differenza). Ma se li giro nella configurazione “offset diamond pixel layout” (definizione Texas), che cosa ottengo? Beh, grazie alla trigonometria o più elementarmente al teorema di Pitagora, la dimensione risulta essere pari ad 1 per la radice quadrata di 2, ossia 1.414, sia in verticale che in orizzontale. Se ora prendo le dimensioni della misteriosa matrice Texas da 2716 x 1528 e le moltiplico per 1.414, cosa ottengo? Beh, guarda caso, proprio 3840 x 2160! Questo dunque potrebbe spiegare perché Texas abbia girato in questa configurazione i DMD, perché la potenza di calcolo richiesta per pilotare una matrice 2716 x 1528 è inferiore a quella necessaria ad una 3840 x 2160 (fonte sempre di Nicola D’Agostino, dai suoi passati colloqui con gente della TI), e perché in questo modo riusciamo a rimappare esattamente una matrice a più alta risoluzione senza doverci sobbarcare i costi di una elettronica per ora riservata ad altre applicazioni come il cinema, più remunerative dell’Home Theater! Guardate che lo stesso giochetto è stato applicato in passato: nel documento citato si parlava di matrice diamond da 960 x 540, che risultavano quindi essere pari a 1357 x 763, ossia molto vicine a 1366 x 768 dell’epoca.

Ora, se la disposizione fosse quella della figura precedente, avremmo una perfetta rimappatura della matrice UHD da parte di due semiquadri da “mezza” risoluzione, in quanto il primo semiquadro da 2716 x 1528 occupa posizioni che non collidono per nulla con il semiquadro successivo, che va a riempire esattamente i “buchi” lasciati vuoti per arrivare a 3840 x 2160. In realtà Texas ci continua a dare briciole di informazione e dice che lo shift dell’immagine avviene di un pixel e mezzo, ossia così:

Quindi cosa succede se questa fosse la situazione reale, come io penso che sia? Che avremmo un “circolo di confusione” intorno al pixel, in quanto, come vedete dalla figura, la risoluzione non è quella del singolo pixel, ma esiste una sovrapposizione dovuta al riempimento. L’occhio è ovviamente ingannato dalla frequenza superiore alla sua capacità risolutiva, e quindi il risultato è comunque ottenuto.

Ma quale delle due soluzioni scegliere? Beh, verifichiamolo. Come? Ho usato uno dei pattern che vanno di moda su AVSForum, ossia quelli di Masciola, nella fattispecie quelli della risoluzione orizzontale e verticale.

Intanto come riferimento metto il pattern che adesso vi presenterò ripreso con un LG OLED, che ovviamente ha una risoluzione nativa 3840 x 2160 pixel e quindi risolve tutto perfettamente. Eccolo qui:

Risoluzione OLED 1 pixel orizzontale (clicca per ingrandire)

Se la soluzione corretta fosse la prima (traslazione orizzontale), quella verticale dovrebbe essere a postissimo, con un numero sovrabbondante di pixel di 5432, mentre su quella orizzontale dovrebbe essere deficitaria.

Se avessimo la perfetta rimappatura a pixel diamond dovremmo vedere tutto perfettamente, ossia ogni singolo pixel. Se invece la soluzione scelta fosse quella dello shift di un pixel e mezzo in obliquo, dovremmo vedere sia in orizzontale che in verticale un’immagine non precisa.

Queste sono le foto che ho ottenuto (l’immagine proviene da un Canon EF 100-400 mm f/4.5-5.6 L IS II USM posto su cavalletto, ed è un jpg non processato (non ho usato il RAW per non svilupparlo nemmeno tramite Lightroom). Sono relative alla risoluzione orizzontale e poi verticale.

Ora, mi pare evidente, abbiamo un problema. L’Optoma non risolve né in orizzontale né in verticale. E quindi? Se l’opzione di Emidio è giusta, con una risoluzione di 5432 pixel dovrei vedere tranquillamente il singolo DMD. Ed invece vedete che ciò non accade.

Ma dato che non c’è una traslazione dell’intero pattern (avremmo allora 5432 x 3056 pixel, ossia 16.6Mpixel e Texas lo avrebbe dichiarato! E d’altronde che l’immagine non abbia questa risoluzione lo si vede in pratica) ma solo la possibilità di uno shift in diagonale, quello che sembra compatibile è l’opzione del diamond pattern con appunto un pixel e mezzo di traslazione, che dovrebbe dare luogo ad una mancanza di risoluzione (a livello del singolo pixel) sia in orizzontale che verticale.

L’ultima cosa che mi viene da pensare è la traslazione in diagonale, sempre di un pixel e mezzo e, forse, questo potrebbe spiegare la mancanza di risoluzione in entrambe le direzioni. Ma viene da chiedersi: e perché mai avrei dovuto traslare prima a destra e poi in alto quando facendo un solo movimento avrei acquistato maggiore risoluzione?

Traslazione DMD in diagonale

Ultima ipotesi: se andiamo ad ingrandire molto le immagini di sopra riprese dallo schermo, si vede che quando ho scattato con un tempo di circa 1/30 compare una traccia (che dovrebbe essere lo spostamento del perno centrale del DMD che fa un percorso con un angolo di 10-15° circa in diagonale).

E se fosse questo lo spostamento, partendo da un pattern ortogonale e con un piccolo shift di lato sufficiente a parlare di “spostamento in diagonale” e “riempimento della matrice 3840 x 2160” in quanto i pixel non sono uguali anche se molto vicini? Forse questo è l’unico modo per giustificare ciò che vediamo…

La partita rimane aperta: avrei voluto darvi una spiegazione certa, ma mi rendo conto che non mi è possibile. Prendetelo come un tentativo di fare chiarezza cercando di ragionare sui fatti, in attesa che il proprietario della tecnologia sciolga l’arcano.

In pratica, il sistema funziona. Non mi lascerei andare ad affermazioni lette su recensioni d’oltreoceano che apoditticamente sostengono che non abbia senso parlare di risoluzione nativa 3840 x 2160 o altro perché tale distinzione sia stata superata da TI (perché se fosse così vorrei vedere come si vedrebbe una matrice con risoluzione 8.300.096 x 1! Tanto, secondo questo concetto, il totale sono sempre 8 milioni di pixel…), ma ciò che conta è la visione sullo schermo. La percezione di nitidezza esiste e che importa se rinunciamo a qualche pixel “vero”?

La partenza è il laser blu, che, in combinazione con la prima ruota a fosfori gialli produce il rosso ed il blu (ricordate che dai tre colori primari RGB si possono ottenere i secondari YMC e viceversa, per cui da R e G ottengo Y, da G e B ottengo C, e da R e B ottengo M: e viceversa!). In questo caso, quindi, R e G sono ottenuti dall’eccitazione con il laser blu dei fosfori gialli, e la luce gialla è poi separata in R e G.

Se l’impostazione è geniale, va detto che la combinazione del laser (sorgente monocromatica pura) con i fosfori ed il processo di “secondo livello” adoperato per creare i colori primari non li rende così puri come può avvenire con dei LED o con l’impiego di laser RGB. Pertanto, ed a questo ci si deve abituare, lo spazio colore ottenuto da questa tecnologia non può andare tanto al di là del “tradizionale” Rec. 709. Cosa puntualmente verificata dalle misure che leggerete a breve.

Non credete ci sia una ruota colore? Guardate cosa si ottiene con tempi di esposizione della macchina più rapidi di 1/60…

Passiamo alla fase della taratura, e visto che ci siamo, per parlarne male possiamo aggiungere del software di controllo. Abbiamo almeno un paio di evidenti bachi: se scegliete “Auto” nello spazio colore, è molto facile che questo non venga correttamente interpretato, ed a meno di non selezionare manualmente 16-235 (i corretti livelli per il video), vi potreste tranquillamente trovare ad operare nel range 0-255 del mondo PC: tutte le vostre tarature se ne andrebbero di conseguenza a pallino.

Ancora, e forse peggio: in HDR, per avere il corretto livello dell’emissione del laser (100%), se non date “Enter” e poi riuscite e selezionate di nuovo il Dynamic Black per attivarlo… non si attiva nulla! Comunque, a prescindere da questo, un menu che nel 2018 prevede solo il controllo delle alte e basse luci è antistorico, e costringe a nottate di passione (non quella che uno si augurerebbe, ma nel senso proprio pasquale di sofferenza) per cercare di far convergere una macchina che fa quello che vuole lei. Tu vari 3 punti del verde in alto? E lei ti abbassa un po’ il blu e alza il rosso ma non in alto, ma in basso… Uno dei peggiori incubi, un comportamento erratico che pensavo di aver rimosso dai tempi del JVC HD1 e che ero convinto non sarebbe più capitato: ed invece, eccoci di nuovo. Aggiungiamo anche che il layout del software non è dei più intuitivi, dato che bisogna dare due volte un colpo alla freccia a destra per entrare finalmente all’interno dei controlli che ci servono. E poi, una volta che abbiate costruito con pazienza la vostra taratura? Attenzione! Non ci sono banchi di memoria, e pertanto il consiglio (imperativo!) è quello di segnarvi da qualche parte i valori, perché basta che un solo dei valori di ingresso non sia uguale (EDID) che la macchina occuperà un banco interno che dovrebbe (non mi pare si sia sempre verificato così) essere quello di default. Abbiamo fatto un passo indietro di circa 10 anni, trovando su una macchina da HT quello che oggi è disponibile su un televisore commerciale oppure su un proiettore business. Peccato. Sempre a proposito di HDR, vi segnalo che il preset Gaming è solo un’impostazione di visione diversa che non incide minimamente sull’input lag (che rimane quindo lo stesso).

Al momento della recensione è stata annunciata una versione del firmware che dovrebbe risolvere svariati problemi, ma ancora non si sa nulla di preciso in merito alla sua effettiva data di rilascio e soprattutto alle modalità di implementazione. Pare che non sia possibile realizzare l’operazione con un semplice cavo USB, ma sia necessario il ricorso ad un centro di assistenza.

Partiamo da una considerazione, per quanto riguarda le misure. Non so quanti da voi lo abbiamo calibrato, ma va detta una cosa. Non conosco HCFR e quindi non so come si comporti, ma da utilizzatore di Calman la prima cosa che salta agli occhi è la richiesta del tipo di display sul quale operate. Se, come la stragrande maggioranza degli appassionati, state usando l’X-Rite i1 Display Pro, ovvero il colorimetro che ha probabilmente il miglior rapporto prezzo/prestazioni sul mercato, o qualunque altro colorimetro che funzioni come tale, attenzione! Su Calman, una volta attaccato l’i1 Display Pro, NON si presenta l’opzione della sorgente laser, la tipica sorgente monofrequenziale (che cioè emette su UNA frequenza o lunghezza d’onda, se preferite), a meno che non stiate usando uno spettrofotometro in connessione al software. La cosa più vicina è quella di impostare l’opzione “Front projector, UHP lamp”, ma capite da soli che uno spettro costituito da una frequenza di uno o pochi nm è ben diverso dallo spettro continuo di una lampada UHP. Uno spettrofotometro legge a passi di 1, 2, massimo 3 nm, ossia è in grado di scandire la radiazione del laser. Un colorimetro, che rileva tramite celle che hanno una ampiezza di decine di nanometri, non può garantire la lettura. Ecco perché per usare l’i1 Display Pro dovete eseguire una cosiddetta “profilazione” dello stesso, ossia dovete usare uno spettrofotometro come master ed il vostro colorimetro come slave. Una volta generato il file di correzione, potete interpretare correttamente le misure. Qualora non sia stata fatta questa operazione, i dati rilevati sono per definizione inattendibili. Poi, ognuno si accontenta di ciò che ha… Noi lo abbiamo fatto usando un i1 Beamer 2 di meno di un anno fa, quindi uno strumento di assoluta affidabilità.

Questo UHZ65 non si avvicina alla Rec. 2020, dato che la copertura garantita dal gamut è quella della Rec. 709, e realizza circa il 75% del DCI-P3.

Come si vede dal report di Calman allegato, se cerchiamo la copertura Rec. 2020 il risultato si attesta molto più in basso; ma questo oggi non deve stupire più di tanto.

È opportuno però dirlo, ed anche agendo sul CMS non sono riuscito a fare altro che a portare il triangolo “a posto” nella posizione per l’HD. Non oltre. Vi posso anche dire che il rosso che si ottiene, messo a confronto con l’OLED che costituisce il mio riferimento (lo devo ammettere, ma tanto è conclamato, questa tecnologia ha superato i videoproiettori: mi sembra di essere Fonzie che non riusciva a dire “Scusa…”, ma è così, lo sapete meglio di me), è in realtà quasi un arancio carico, ossia decisamente meno saturo di quanto dovrebbe (lo vedete sul triangolo di gamut: osservate la posizione). Lo so per certo perché sto parlando di foto che ho fatto io, sviluppato io dal RAW con Lightroom e ne conosco quindi perfettamente la resa, che non è quella dell’Optoma. Quindi non possiamo aspettarci una riproduzione completamente fedele, ma solo una buona nell’ambito dell’HDTV.

Alcune note generali: BrilliantColor, no; PureContrast, no, Puremotion, sì ma ad 1, UltraDetail, sì, ma ad 1. Poi fate come vi pare, ma non dite che non ve lo avevo detto… 🙂

Vediamo la calibrazione SDR in rec. 709, quindi per contenuti Blu-ray, file HD, Sky o Netflix non in HDR. Dobbiamo intenderci un attimo su cosa si intenda per calibrazione. Se ho un dispositivo perfetto, o tendente a, quale oggi può essere un OLED, il gioco è facile: devo “beccare” i punti di riferimento delle specifiche con l’errore più basso possibile, tenendo presente che in quel caso la lettura del nero è pari a 0.000xxx cd/mq. Tutto il resto viene di conseguenza, nel senso che i colori saranno centrati, la curva del gamma sarà facile da controllare, e via discorrendo.

Nel caso dell’Optoma no, perché il livello del nero è tutt’altra cosa. Basta leggere il numero: in SDR il nero vale 0.467 Lumens. Vi ricordo che i Lumens sono la misura che caratterizza in modo ASSOLUTO l’emissione del proiettore, quindi non dipendono né dallo schermo impiegato, dalle sue dimensioni o dall’ambiente nel quale il proiettore è stato misurato. Pertanto con i Lumens non si ha NESSUNA necessità di specificare “rispetto a quale schermo” è stata fatta la misura come invece avviene se ci esprimiamo in cd/mq, questo proprio perché i Lumens rappresentano l’energia luminosa che ESCE dal proiettore e non quanta ne ARRIVA su uno schermo di X metri quadrati! Per fare un confronto con una macchina che certo non fa del nero un suo primato, il Sony VPL-VW500ES, questo presentava 0.115 Lumens in default, ossia circa 4 volte di meno, e 0.027 una volta calibrato.

Quindi la realtà la vedete con il dato di calibrazione, che risulta essere figlio del Dynamic Black 2 (non credo di rivelare un segreto, in quanto si tratta di una impostazione che tutti, nel mondo, hanno verificato essere la più adeguata) e vale 0.179 Lumens. Questo significa avere un nero sollevato, che costituisce un vincolo alla calibrazione, fatto che si riscontra anche nel caso dell’HDR.

Quindi il dato di partenza è questo valore, che rappresenta il minimo sindacale che sono riuscito ad ottenere, ed il resto viene di conseguenza. Quindi trovate le curve di equilibrio cromatico e di gamma che sono riuscito a “costringere” in un ambito più o meno accettabile, ma che, vi assicuro, sono il frutto di un processo estremamente difficile, lungo e capace di far perdere la pazienza ad un santo. Se trovate una misura molto lineare nelle condizioni di default, ossia rette molto coerenti sui tre colori, vi dovete però accontentare di un grigio che al nero non assomiglia in alcun modo. Per arrivare a linearizzare quelle curve vi garantisco che ci sono volute ore, ore ed ore di lavoro, andando a toccare UN valore di UN colore primario alla volta, sperando che questo non sconquassasse la curva appena, faticosamente, raggiunta: solo perché sono molto cocciuto…

Vi riporto anche i valori di rapporto di contrasto, inserendo anche il livello al 40% (CR40) che a mio parere è largamente più significativo delle prestazioni di un proiettore, ottenuto con una sonda specifica per la lettura dei lux (Delta Ohm) che garantisce una maggiore accuratezza nella misura rispetto a questi parametri specifici non cromatici.

Il commento che vi posso dare è che non sono molto soddisfatto del risultato ottenuto, ed il perché ve lo spiegano i numeri, come al solito: nonostante i miei sforzi, non sono riuscito a linearizzare la macchina in basso, dove vedete che la curva del gamma rilevata “passa sotto” rispetto al valore ideale, rendendo evidenti le compressioni alle basse luci (dove sono celati i particolari di molti film). Se unite questo al livello del nero di certo non contenuto, capite che la soddisfazione derivante non possa essere alta. Ci sono dei buoni colori, ma manca quella sensazione di “pop up” che fa rimanere a bocca aperta.

Giriamo in HDR, e vediamo cosa succede. Ferma restando l’ampiezza dello spazio colore, che non sono nemmeno andato a toccare (tanto è invariante), il risultato è decisamente diverso. Intanto vi riporto due misure a confronto per rendere evidenti due fatti. Il primo riguarda l’importanza dell’ambiente nelle misure. Le prime si riferiscono a un ambiente “non controllato” (tipo salotto di casa circondato da pareti bianche e arredamento) con uno schermo di circa 2 metri di base.

Scala dei grigi e gamma in ambiente “living” poco controllato

A questo punto ho fatto il confronto con ciò che, invece ed in modo più serio, ho ottenuto nell’ambiente di HCS (vedi misure sotto), dove è tutto completamente controllato, non ci sono riflessi, ed ho impiegato una dimensione di schermo di 266 cm di base.  I due grafici risultanti (sopra e sotto) sono stati rilevati con gli stessi parametri e lo stesso proiettore: unica differenza l’ambiente. Mi pare che il risultato si commenti da solo!

Scala dei grigi e gamma in ambiente buio ben controllato

L’altro fatto da notare è cosa succede a fare le misure con il Dynamic Black inserito (come ho fatto io, per il semplice fatto che le misure si DEVONO fare nella modalità nella quale si impiega il proiettore, altrimenti non ha alcun senso farle), con l’unica accortezza di far leggere alla sonda dopo 2 secondi di assestamento dell’immagine (questo perché se l’intervallo fosse superiore, significherebbe che il sistema, se necessita di un tempo di questo ordine per andare a regime, non sarebbe adeguato a funzionare con la variabilità dei livelli di illuminazione di uno scenario HT). I parametri (non importa ora quali siano) sono IDENTICI in questo grafico e nel successivo, che è diverso solo per l’assenza del DB.

Con Dynamic Black 2 attivo

Qui il livello del nero vale 0.015 cd/mq (attenzione, non li confondete con i valori in Lumens, assoluti! Questi sono valori di lettura del colorimetro in condizioni di misura e riferiti ad una lettura sullo schermo). Nelle misure successive vedete cosa succede quando il Dynamic Black non è attivo e con il valore del nero che sale a 0,146 cd/mq.

Senza Dynamic Black 2 attivo

Domanda: questi grafici sono ottenuti NELLO STESSO AMBIENTE, CON GLI STESSI PARAMETRI DEL MENU, CON LO STESSO PROIETTORE, SCHERMO; SORGENTE E CAVI. Cambia SOLO il Dynamic Black. Vi paiono uguali in qualche modo? Bene, allora la domanda è semplice: che senso ha calibrare con il DB spento (per ottenere una presunta migliore linearità del grafico) per poi “accenderlo” durante la visione perché “così il nero scende”? Si, ma tutto il resto va… a donne perdute! Quindi, per cortesia: se decidete che il Dynamic Black non vi piace proprio (per carità, c’è anche chi non vuole la luce elettrica in casa perché non è un fenomeno naturale ed altera l’entropia dell’universo: rispettabile, come tutte le opinioni, però…), spegnetelo, vi fate le vostre misure e ve le tenete così. Però se poi lo accendete per usare l’Optoma, sappiate che state SCALIBRANDO il risultato che avete ottenuto. Quindi, cosa avete perso tempo a fare? Fate una bella calibrazione a occhio e non state a perdere tempo!

Misure HDR post-calibrazione

In HDR sono MOLTO più soddisfatto, per una serie di ragioni. Una volta compreso che più di tanto non c’è possibilità di fare (il Dynamic Black 2 NON spegne il laser, quindi rimane sempre una luminosità residua sulla quale non c’è nulla da fare), abbiamo trovato il limite inferiore sotto il quale non si può scendere. A quel punto mi sono messo in modo certosino a cercare la massima linearità in basso, andando a sistemare (ovviamente per quanto possibile) i livelli di 5, 10, 15, 20, 25%… che sono stati ottimizzati in funzione del livello del nero (controllato dal DB e parzialmente dalla curva di gamma impostata). Una volta fissato questo, sono passato a sistemare i livelli RGB. Come vedete, c’è uno spike molto forte al 50%: credo dipenda dalla difficoltà che il SW trova a controllare la macchina, ma alla fine vi dico… chi se ne importa! Anche perché se a questo si accompagnano questi valori di Lumens e rapporto di contrasto dove è soprattutto il CR40 a darmi soddisfazione (il doppio del caso dell’SDR!), credo che l’obiettivo sia stato raggiunto. Ed infatti in HDR la macchina è nettamente più godibile ed il risultato decisamente più apprezzabile.

Una osservazione che vale quello che vale: ho osservato a più riprese il rainbow, cosa che in genere non mi capita con i DLP. Potrebbe anche dipendere dalla oramai inveterata desuetudine con proiettori di questa tecnologia, non lo so, ma è un fatto che ho osservato e non solo sui titoli di coda. Ma, trattandosi di elemento meramente soggettivo, questa annotazione lascia il tempo che trova.

Credo che in larga parte si sia capito cosa pensi di questo DLP da quanto detto finora. Non credo di scoprire nulla di sconvolgente se vi dico che il dettaglio di questa macchina vale davvero il confronto con la produzione corrente concorrente, e sotto questo aspetto non teme confronti, anche avendo un’ottica che… non userei certo per fare fotografie! Grazie all’impiego della matrice che non sarà 4K ma funziona egregiamente anche perché opera appunto con un solo pannello e non con tre come i concorrenti, è certamente di livello superiore. Questo contribuisce a dare una sensazione di ariosità alle immagini anche a me, che non sono mai stato un fanatico della precisione chirurgica delle immagini. Ovviamente non bisogna esagerare con i controlli (è sempre in agguato il rumore, che si presenta quando ci si lascia prendere dalla ricerca esasperata di questa caratteristica), ma mantenendosi nella ragionevolezza non si può non valutare questo evidente pregio dell’Optoma.

Questo è particolarmente evidente nella visione di materiale SD e HD da segnale televisivo, dove, a patto che il bitrate sia decente, ho visto con soddisfazione svariati programmi. Vi posso fare l’esempio di una serata di Sanremo, dove la Rai trasmetteva con estrema cura, oppure di un paio di partite della Roma, oppure ancora un confronto diretto tra una trasmissione de La 7 in SD ed HD. La differenza, e questo è certamente dovuto alla bontà dello scaler (e relativo processing), non è mai stata imbarazzante, e ciò garantisce godibilità di uso del proiettore. Questo anche perché una trasmissione televisiva certo non è un film, e quindi va valutata con parametri diversi. Qui apprezziamo i buoni (tradizionali) colori, una resa sicura sul dettaglio ed un equilibrio che, se non chiama in causa passaggi ai bassi livelli particolarmente difficili, darà certamente soddisfazione all’acquirente. Devo dire che in caso di trasmissioni con bitrate non elevato l’immagine si sporca in qualche modo, e questo è un fatto che ho notato più volte, anche su Netflix.

Se passiamo all’analisi del materiale cinematografico in SDR (Blu-ray, ma anche in 4K da Netflix), nella calibrazione che sono riuscito ad ottenere ritengo che la resa sia buona ma non eccezionale. Ho apprezzato come al solito l’intervento del PureMotion che mi evita gli scatti del 24p senza introdurre eccessivi “fantasmini digitali”, purché non eccediate il valore di 1, come detto, ma la visione rimane comunque inficiata da una certa compressione ai bassi livelli che non sono riuscito ad eliminare. Se unite questo al livello del nero, avete l’unica soluzione che è quella di concentrarvi pesantemente solo sull’immagine e non sui suoi contorni, per cercare di convincervi che il proiettore vi stia dando una riproduzione realistica.

Diverso, come detto, il risultato in HDR (Ultra HD Blu-ray e Netflix o Amazon in HDR), dove questo Optoma mette secondo me una marcia in più: riuscendo a discriminare un numero molto più elevato di livelli in basso, la presentazione delle immagini acquista una fruibilità superiore e direi degna di nota, anche perché il picco del bianco, posizionandosi a 1.300 Lumens, da vita ad una dinamica notevole. Unite questo a dei colori estremamente piacevoli per quanto limitati in assoluto e capirete perché molta gente si sia dichiarata innamorata persa dell’UHZ65.

La mia prova di riferimento è diventata ora la scena di Sicario, un film che è girato con una qualità spaventosa (il regista è Denis Villeneuve, lo stesso di Prisoners, Arrival e Blade Runner 2049), con scene molto luminose e dai forti contrasti, ma soprattutto con un paio di passaggi al “quasi buio” che sono capaci di mettere a terra i display non all’altezza. Cercate dal minuto 45:20 in poi oppure da 1.36:58 in avanti: si tratta di scene incredibili per la difficoltà che presentano nella riproduzione di tutta una serie di dettagli che ci sono, ma sono talmente tanto scuri che è davvero difficile presentarli nel modo corretto. Bene, questo UHZ65 non può dare quello che non ha, ossia il nero: ma, credetemi, sono rimasto stupito nell’osservare la capacità di riprodurre particolari (guardate la scritta sulla schiena del poliziotto controluce, ad esempio: si riesce ad intravedere qualcosa, anche se non arriviamo alla lettura totale) che mi sarei immaginato affogati in un grigiore senza fine. Ed invece no, il nostro se la cava, grazie alla sua eccellente linearità, fino a dove fisicamente si può spingere: sfruttando il fatto che la leggibilità sta, per definizione, nelle zone che non sono a zero, ma tra il 5 ed 15%, riesce a presentarci parecchi particolari. Volendo qualcosa di più, si può alzare il brightness di un punto, perdendo però poi di linearità in basso. Appunto, non può dare ciò che non ha. Non sto dicendo, intendiamoci, che possa tenere il confronto con un OLED (!), perché questo farebbe a pugni con la realtà: ma che si disimpegni in modo efficace senz’altro, sempre tenendo presente che il nero vale 0.225 Lumens.

Va purtroppo osservato che abbiamo un “effetto Dynamic Black” piuttosto fastidioso, che consiste in una serie di flash che rendono a volte la visione fastidiosa, in corrispondenza ovviamente delle variazioni repentine di luminosità: l’ho osservato sia con Gian Luca che con il mio amico Valerio, che è intervenuto alla parte finale della visione, e da possessore di Sony ha apprezzato questo Optoma per la sua notevole tridimensionalità.

Che dire in conclusione? Si tratta di una macchina che fa parlare di sé, e non solo per le sue caratteristiche tecniche relative al 4K. Se da un lato ci sono svariati aspetti negativi (dalla difficoltà di installazione al software tutt’altro che semplice ed efficace) che culminano, ovviamente, in un livello del nero troppo alto in assoluto, oggi, per un proiettore HT di punta, ci sono anche altre chiavi di lettura. A partire dalla eccellente luminosità in condizioni di calibrazione ed alla possibilità di realizzare quindi con facilità schermi da 3 metri in su, al lavoro dello scaler, alla piacevolezza complessiva dell’immagine per una riproduzione cromatica che comunque copia bene lo spazio di realizzazione di molti film. Ho taciuto sull’elemento che sarà poi quello dirimente per molti: l’eccellente dettaglio, che pone questo Optoma in una categoria superiore rispetto alle macchine su base LCD et similia. Quanto conti in assoluto non è dato dirlo, ma per molte persone questa è una caratteristica di cui hanno fortemente sentito la mancanza negli anni del dominio dei 3 chip, riflessivi o trasmissivi che fossero. In conseguenza, dare una possibilità di scelta in più non può che rappresentare uno stimolo per la concorrenza a produrre qualcosa di nuovo.

Avrete capito che non sono stato travolto da questo Optoma, che sinceramente non posso dire che mi abbia entusiasmato: ma ne ho apprezzato alcune caratteristiche, e devo dirvi che, una volta terminata la calibrazione in HDR, avevo un sorriso di sincero entusiasmo che assomigliava abbastanza a quello che ho quando scendo dalla mia R1200 RT, oppure quando fotografo con il Distagon 15mm, il Voitglander 10mm o il Canon 100-400. O quando passo una giornata con i miei figli. Tu chiamale, se vuoi, emozioni…

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