Come vi abbiamo già anticipato la scorsa settimana (vedi news), la Commissione Europea ha deciso di accelerare i tempi per il passaggio alla connettività mobile 5G. L’avvento del 5G prevede però l’utilizzo della banda dei 700 MHz, attualmente assegnata alle trasmissioni televisive terrestri. Per raggiungere questo obiettivo, la Commissione Europea ha stabilito i nuovi tempi, che culmineranno con l’assegnazione delle frequenze a 700 MHz per la connettività 5G entro il 30 giugno del 2020 per tutti i paesi membri.
Una decisione che non è piaciuta a Mediaset, che ritiene i tempi di assegnazione troppo stretti: “Siamo impreparati, servono altri 10 anni. La proposta della Commissione Europea è un favore alle telecomunicazioni e incarna i nostri peggiori timori. Non si parla di quella flessibilità su cui invece si basava il rapporto Lamy che era stato accolto da Ginevra. Non capiamo cosa abbia portato la Commissione a cambiare le carte in tavola. Se per quanto riguarda la gestione della banda 700 MHz si auspica un’armonizzazione per tutti gli Stati, non capisco perché per la gestione della banda sub 700 MHz si punti a un approccio “flessibile” in nome del quale ogni Paese potrà decidere per proprio conto.” ha dichiarato Gina Nieri, consigliera d’amministrazione di Mediaset.
Nel corso di un dibattito che si è tenuto a Bruxelles, le ha risposto a stretto giro Roberto Viola, direttore generale della DG Connect (European Commission Directorate General for Communications Networks, Content & Technology): “La tecnologia non aspetterà 10 anni. Stiamo assistendo a un piccolo paradosso: i principali beneficiari della proposta sono i broadcaster. Questo perché avranno la possibilità di effettuare legittimamente broadcasting utilizzando la tecnologia LTE. Ma invece protestano perché vogliono aspettare ancora 10 anni.”
Insomma, una situazione piuttosto complessa e che non sarà immune da scossoni per il panorama televisivo italiano. Ricordiamo, infatti, che attualmente la banda dei 700 MHz (compresa tra i 694 MHz e i 790 MHz) è utilizzata da ben 9 multiplex del digitale terrestre, 6 dei quali sono nazionali. Per continuare a trasmettere in digitale terrestre, bisognerebbe effettuare un passaggio in tempi brevi allo standard DVB-T2, utilizzando nuove frequenze e abbandonando le attuali trasmissioni in standard DVB-T. L’inevitabile conseguenza sarebbe un nuovo “swtich-off” che richiederebbe l’acquisto di nuovi decoder o televisori per tutti coloro che non ne posseggono uno compatibile con il DVB-T2. Un’opzione al momento respinta dai pincipali operatori televisivi nazionali (Rai, Mediaset, La7) che propendono piuttosto per un passaggio delle trasmissioni televisive in chiaro e in HD su satellite, tramite la piattaforma Tivùsat.
Il problema però rimane: cosa succederà alle frequenze digitale terrestre DVB-T da qui al 2020? Molte zone d’Italia sono destinate a rimanere senza copertura di segnale digitale terrestre e obbligate ad affidarsi al satellite?
Fonte: Corriere Comunicazioni